UNIVERSITA' POPOLARE DI BOLOGNETTA

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26/02/11

STORIA DI BOLOGNETTA del Prof. SANTO LOMBINO (quinta parte).

Lo sviluppo demografico




Il successo del nuovo insediamento voluto da Marco Mancino non era per nulla assicurato, e non tutti i nobili che avevano chiesto alla corte reale il permesso di edificare un nuovo comune riuscirono ad attrarre nel loro feudo “habitaturi et citatini” in numero sufficiente per costituire una nuova terra ed accrescere il loro peso nel braccio baronale del parlamento siciliano . Già i primi decenni dimostrarono però che tanto i Beccadelli nel chiedere la concessione, quanto Mancino nell’utilizzarla senza por tempo in mezzo avevano visto bene: il nuovo centro abitato cominciò a popolarsi in maniera lenta ma crescente, raggiungendo nel 1616 i 180 terrazzani (residenti), 192 nel 1623, 255 nel 1636 e circa 350 a metà del secolo, per poi passare tra i 250 e i 310 abitanti fino a metà del Settecento.

Dopo un incremento secolare si nota quindi un evidente decremento, probabilmente dovuto alla precarietà della situazione socio-economica, legata all’andamento delle annate agricole, ed insieme alla situazione igienico-sanitaria assai difficile, segnata da zone paludose e quindi epidemie malariche. La malaria era infatti uno dei problemi più gravi della popolazione del giovane comune, che aveva nella parte bassa dell’abitato alcuni terreni con scarsa pendenza in cui le acque ristagnavano e dove prosperava la zanzara Anopheles. Non per niente gli abitanti del vicino comune di Marineo davano agli Ogliastresi l’epiteto di panzuti, in quanto lo sviluppo di uno stomaco gonfio era uno degli effetti dell’infezione malarica.



Anno Abitanti Fonte

1606 111 Ristretto

1616 180 Ristretto

1623 192 Ristretto

1636 255 Rivelo

1648 351 Rivelo

1682 249 Rivelo

1714 273 Rivelo

1737 262 Rivelo

1748 313 Rivelo

1798 1268 V.Amico-Sacco

1806 1382 Censimento

1831 1459 Censimento

1861 1867 Censimento

1871 1815 Censimento

1881 1978 Censimento

1901 2053 Censimento









































Il rivelo del 1636



Per conoscere le fasi dell’andamento demografico del paese, sono utili le Numerazioni delle anime e dei beni, dichiarazioni dei capifamiglia (o capidicasa), dette Riveli, raccolte periodicamente dai funzionari del vicerè spagnolo a partire dal 1501. Tali dichiarazioni, che riguardavano sia la composizione del nucleo familiare o fuoco (focolare), sia i redditi, erano obbligatorie per tutti i sudditi, eccezion fatta per i signori feudali, i religiosi e gli abitanti delle grandi città: essendo però rese non solo a fini statistici, ma soprattutto fiscali e militari, ne è stata da più parti, e a ragion veduta, ipotizzata una attendibilità limitata.

Per Ogliastro, il primo documento attualmente disponibile è la “Nuova numerazione e descrizione dell’anime e facoltà”, redatto il 31 ottobre 1636 davanti ad Andrea Agliata, capitano d’arme della sargenzia di Termini Imerese, incaricato di censire la popolazione ed i suoi beni. Il rivelo si apre con la dichiarazione congiunta di tre esperti in “seminerio, vigne, magese” di S. Maria l’Agliastro che rispondono al nome di Francesco Carrillo o Camillo, (60 anni, coniugato), Simone di Silvestro figlio di Antonio, (50enne, sposato, con un figlio, proprietario di terreni a Casaca), e Gandolfo d’Alia o d’Elia, (59enne, coniugato, senza figli a carico). Si tratta di tre terrazzani tra i più anziani della comunità, ritenuti particolarmente competenti nella valutazione dei beni agricoli. A loro si devono i parametri di valore per i tre tipi di terreno presenti nel territorio, così valutati: ”ogni miglio di vigne…si ponno vendere o comprare per onze dieci”, mentre una salma di maggese viene valutata due once, una salma di terra lavorativa, quindi coltivabile, ventiquattro.

Sono registrate individualmente le dichiarazioni di 72 capifamiglia, età media tra 36 e 37 anni, a nome di altrettanti fuochi, con l’aggiunta di 2 “anime di clero”. Ogni capofamiglia presenta i componenti il suo nucleo familiare, indicandone il nome, il rapporto con lui e l’età per i figli maschi, utile ai fini dell’eventuale servizio militare.

La popolazione complessiva risulta di 255 abitanti, di cui il 54% maschi. Dei capi di casa censiti, sei si professano nullatenenti, mentre altri diciannove (tra cui sette vedove) affermano di non possedere alcun bene e sono classificati “mise”, abbreviazione di “miserabilis” .

I nuclei familiari sono composti in media da circa quattro persone. Solo in un caso si raggiungono i nove componenti: si tratta della famiglia di Alessandro Salvaggio di 63 anni, proprietario di sei casette terrane, che oltre alla moglie ed alla madre dichiara di avere a carico cinque figli maschi ed una femmina, mentre è composta da sette persone quella rappresentata da Geronimo Salvaggio di anni 35, coniugato, con cui convivono la madre, due figlie femmine e tre maschi. Il fuoco della vedova Filippa Corsello, “miserabilis”, comprende invece altre quattro persone, di cui un figlio maschio, una zia, due nipoti. Emerge da questi dati che i casi di famiglie numerose non sono la regola, e che raramente si superano i cinque-sei figli. Come si vede dai casi citati, le famiglie allargate sono il risultato della coresidenza di familiari che da singoli si aggregano alla famiglia, non della convivenza di più nuclei familiari. Quando una nuova coppia si forma, essa non rimane nella stessa abitazione della famiglia d’ origine di uno dei due coniugi, ma va a vivere separatamente da essa. Si tratta quindi di una consuetudine comportamentale diversa da quanto avviene nel caso delle famiglie mezzadrili del centro-nord Italia.

Dei capi di casa non viene registrato il mestiere o professione, perché è implicito che si tratti, nella quasi totalità, di lavoratori dei campi e/o allevatori di bestiame e loro stretti collaboratori: non vi sono infatti tracce di altre attività lavorative. Quanto ai beni presenti nelle dichiarazioni, vengono distinti in beni stabili (terreni, case) e mobili (animali da lavoro o allevamento) e valutati in once e tarì: sia sugli uni che sugli altri possono pendere delle gravezze, cioè debiti, in genere diritti di censo che vanno pagati al marchese di Ogliastro o ad altri signori oppure a conventi, per diritto di proprietà (iure proprietatis),o sotto forma di imposta. Altre gravezze sono obblighi di restituzione per “tanti soccorsi et terragi”, cioè previsti nei contratti di affitto dei terreni. A conclusione di ogni dichiarazione, la differenza tra i beni (entrate) e le gravezze (uscite), permette di conoscere il limpio, ovvero il reddito effettivo o fortuna netta.

Martino Passantino, con un reddito di 285 onze, risulta il più facoltoso dei rivelanti . Ha 55 anni, sposato con Melchiorra, dalla quale ha avuto un figlio maschio di 19 anni, quindi in età compatibile con un eventuale arruolamento militare, altri due figli maschi di età minore ed una femmina registrata come “zitella”. A lui è intestata una casa terrana in terra di Ciminna, quattro salme coltivate a vigneto (“un migliaro di viti”) in contrada Saletta o Scaletta, 8 salme di maggese e 10 salme di frumento. Alla voce beni mobili fa registrare 8 “boi d’aratro”, tre vacche d’armento, due giumenti d’armento, cinque muli di retina. In uscita, dichiara 219 once ed otto tarì. Se il valore delle entrate ammonta a 505 once, le uscite sono quasi la metà, cioè 219,8 onze e corrispondono a censi da pagare al convento di S. Francesco d’Assisi della terra di Ciminna,45 onze di debiti nei confronti di tale Giuseppe di Daì, mentre più di 174 once le deve al marchese di Ogliastro sia per censi sia per “soccorsi et terragi”.

Martino Passantino è seguito, seppure alla lontana, dal già ricordato Alessandro Salvaggio , a nome del quale si censiscono “sei casette terrane, vari poderi, sette mula di retina” per un ammontare di 275,8 once; tolte once 122,17 di gravezze, resta un limpio cioè un reddito netto di 152,21 once. Lo segue Simone di Silvestro, sopra citato in quanto “esperto” di terreni, che possiede ampi poderi a Casaca e paga 74,8 onze di gravezze, per concludere con un reddito complessivo di once 126.24 annue.

Diverso è il caso di tale Onofrio Calì, trentenne coniugato con due figli, che paga 10 once annue di affitto al marchese di Ogliastro “per tanti lughieri d’una casa dove al presente habita” ed ha un reddito al netto di 5 once all’anno. Proprio lo stesso reddito netto di Nicasio Lo Fuso di Blasi, trentenne coniugato, con tre figli, che “tiene una vigna di migliara dui nella contrata della Cuda della Gurpi di questa terra confinante d’una parte con la vigna di rocco rizzo e di simuni lu calabresi la quale per essere piante che non frutta è di valuta di once dieci”. A lui sono caricati beni mobili come sette vacche d’armento del valore di 21 once e due cavalli vecchi del valore di quattro. Circa 14 once è il limpio di Filippo Badame, di 35 anni, con moglie e un figlio a carico, che possiede “un loco con tre migliara di pianti…nella contrata della Filaccina” .

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